LA FORZA DELLA RISERVATEZZA

da Giuditta Guzzi
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La riservatezza è quella dote di chi ha un atteggiamento discreto, pieno di riserbo ed è poco incline a manifestare pensieri e sensazioni. È una questione di personalità. Si nasce riservati. Una personalità riservata difficilmente diventa sfacciata. Non è capace di ostentare. Questo vale anche per i brand che hanno ben focalizzato il proprio perché e il proprio posto all’interno della testa dei consumatori. Ogni brand ha la propria personalità. Lo abbiamo spiegato bene in questo articolo sulla brandsonality, uno dei capisaldi della metodologia di lavoro di CopyGraphing.

Nel luxury system, esiste un brand che più di tutti è riuscito a esprimere appieno la propria personalità riservata nel suo modo di comunicare o forse si dovrebbe dire non-comunicare. Sebbene anche il non-comunicare sia essa stessa una forma di comunicazione, perché anche il non-agire agli occhi delle persone si carica comunque di un determinato significato.

Stiamo parlando di Bottega Veneta, uno dei fashion brand italiani più interessanti di questo ultimo periodo. Nato come marchio di pelletteria a Vicenza nel 1966, è entrato a far parte del gruppo Kering, tra i maggiori grandi player del lusso internazionale. Cosa ha fatto Bottega Veneta di così sconvolgente all’alba degli anni 20? Ha – semplicemente? – deciso di cancellare i propri account social: Instagram, Facebook, ecc. Basta, più nulla.

Ma dobbiamo davvero considerare questa dipartita come il saluto di un grande dalla scena mediatica? Come ha fatto Totti o altre star prima di lui? Sì, se continuiamo a considerare la comunicazione dei brand come un racconto in prima persona. No, se iniziamo ad andare oltre a ciò che si vede.

A una prima analisi, sembra che la strategia di Bottega Veneta, criticata da molti, sia stata quella di sparire dai social. La marca stessa ha giocato molto su questo equivoco. Infatti, mentre chiudeva i suoi account, dall’altra avviava la ricerca tra i cacciatori di teste di un social media manager. Sì, perché Bottega Veneta, non è sparita dai social. «Ha iniziato a usarli in maniera differente» ha spiegato François-Henri Pinault a margine dell’annuncio dei risultati finanziari di Kering. «Bottega Veneta ha deciso, in linea con il suo posizionamento, di fare ancora più affidamento sui suoi fan e ambassador fornendo a loro il materiale di cui hanno bisogno per parlare del brand attraverso vari social network, lasciando parlare loro per il brand invece di farlo da solo» ha continuato il ceo francese. «Devo dire che dopo un mese e mezzo è molto convincente in termini di visibilità per Bottega Veneta, lo stiamo monitorando costantemente».

Essere i primi paga. Soprattutto se si tratta di un brand poco accessibile che sta nell’Olimpo dei brand aspirazionali. Io lo chiamo effetto siepe. Quando sono in passeggiata con il mio cane, le case che più mi incuriosiscono sono quelle nascoste da una siepe. E generalmente sono sempre molto belle. L’ostacolo e la difficoltà di vederle nel loro complesso attraggono tantissimo il mio interesse. Lo stesso principio che anima le persone sui social: voyeurismo e curiosità sono una coppia imperiale difficilmente scalfibile.

Una strategia ben studiata che sfrutta lo strumento social come moltiplicatore di visibilità.

Visibilità mai diretta, ma mediata dall’unicità degli stessi ambassador. Una visibilità che ben rappresenta la dote di riservatezza di Bottega Veneta.

Vi siete mai chiesti qual è la miglior dote del vostro brand? È coerente con il tipo di comunicazione che avete scelto? Ne siete sicuri? Chiedete un parere ai nostri esperti. Anzi meglio, diventate voi stessi esperti seguendo il nostro corso di CopyGraphing.

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