LA STORIA DI COME DIVIDERE UN QUADRATO

da Alessandro Braga
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Non riesco. Le ho provate tutte. Non ci sono alternative.

Quante volte hai ripetuto o pensato a queste parole. Tutti noi ci siamo passati, ma in pochi hanno imparato che dietro a quel pensiero distruttivo c’è solo un bias cognitivo. La prova me la diede la mia maestra delle elementari Giusi Arcuri. È da sempre la mia insegnante preferita e ispiratrice. Un giorno, il mio compagno di banco Carmine le chiese di aiutarlo nel trovare la soluzione a un problema. Il bambino era convinto di aver tentato tutte le strade. Sebbene la maestra gli dicesse di provare a seguire un percorso differente, lui no: era convinto che non ci fosse un’altra soluzione.

Così la maestra richiamò l’attenzione di tutti. Ci chiese di prendere un foglio a quadretti, una matita, un righello e di disegnare una serie di quadrati tutti con il lato di 8 quadretti. Una volta riempita almeno una pagina, ci disse di trovare il maggior numero di soluzioni per dividere i quadrati in quattro parti uguali. Molti si fermarono a una soluzione: la classica croce. Altri disegnarono e unirono le due diagonali. I più audaci la divisero in quattro parallelogrammi alti. La più brava della classe, la Chiara, tirò una linea generica passante per il centro e poi disegnò sopra la perpendicolare. Qualcuno ancora oggi non capirebbe. Alessandro, l’eterno rivale, divise il quadrato in due rettangoli e in ciascuno di essi tirò una bella diagonale a formare quattro triangoli rettangoli. Stupore generale.

«Come, e poi? Non ci sono altri modi per dividere un quadrato in quattro parti» fu il pensiero di tutti.

Allora la maestra si mise alla lavagna e iniziò a disegnare il primo quadrato. Lo divise in due e ogni metà in ulteriori 8 quadrati. Poi iniziò a colorare di rosso il primo quadratino interno in alto della prima metà e seguendo il bordo ne colorò altri tre a formare una L capovolta. Colorò di blu i quadratini rimasti della metà di sinistra e continuò con lo stesso procedimento nella seconda metà utilizzando l’arancione e il verde.

«Però maestra, adesso non ci sono più modi per dividere il quadrato. Vero?» le chiese Christian. Così la maestra, di buona lena si mise a disegnare altri quadrati, a dividerli e a colorare le loro parti interne in altri mille modi e varianti.

Poco prima del suono della campanella, si girò verso la classe e chiese che cosa avessimo capito di quella lezione. Sebbene fossimo piccoli, tutti avevamo capito che non si trattava di un esercizio di geometria o di disegno. Così Carmine, fautore del casus belli, da cui tutto era nato disse: «Quel che ha cercato di fare è mostrare a tutti che ci sono sempre altri modi, anche quando si è convinti che non ce ne possono essere altri.» E bravo Carmine che a 8 anni ha capito una lezione tanto importante, insieme ovviamente ai suoi compagni di classe.

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